Piazzale
Dite a mio figlio che muoio per un'idea
All’inizio del 1800 il convento di San Francesco del Prato viene convertito in struttura carceraria. Ancora deputato alla funzione detentiva, quello che ormai è divenuto il carcere di San Francesco, chiude tra le sue mura uomini e donne: partigiani, ebrei ed ex prigionieri in attesa di essere interrogati, condannati o smistati verso i campi di concentramento.
L'IDEA
L’artista si ispira alla storia delle guardie carcerarie Giuseppe Patrone, Gennaro Capuano ed Enrico Marchesano che, operando in segreto con la Resistenza, facevano da tramite tra l’organizzazione Clandestina all’esterno e gli antifascisti incarcerati. All’esterno delle sbarre viene mostrata una lettera che sembra stia uscendo dalla cella nella quale si legge la scritta “Maria mia, eccomi all’irreparabile. Sono in procinto di partire per la Germania. Solo, senza un saluto, come un cane. Puoi immaginare lo strazio di questo momento. Ed è inevitabile” (cit. resistenzamappe.it). Verso lo spettatore vola un secondo foglio con le parole di Petrone, guardia carceraria uccisa: “Dite a mio figlio che muoio per un’idea “.

Bozzetto di Pepe Gaka
L’artista si serve di forme e colori semplici per raccontare la storia di Primo Polizzi e Luigi Mascherpa, che per gli stessi motivi giunsero al centro di smistamento, ma ebbero esiti finali diversi. I loro nomi scritti a dimensioni notevoli, il loro ritratto e due qr code che racchiudono la loro esperienza, grande esempio per tutti noi.
INTERVISTA ALL'ARTISTA
Tiziana Rinaldi Giacometti, romana classe ’81, cerca sempre un coinvolgimento dell’osservatore attraverso uno sforzo fisico, mentale o percettivo. Utilizza diversi mezzi espressivi quali l’Installazione, la pittura, la scultura, il video, la performance e opere site-specific.