Deportazioni
In Italia, il fenomeno delle deportazioni ha avuto uno sviluppo particolare rispetto a quello del resto dell’Europa occupata dalla Germania. Con la firma delle leggi razziali nel 1938 molte furono le limitazioni e restrizioni cui gli ebrei e altre minoranze etniche furono sottoposte. La persecuzione alla vita di queste minoranze emerge nella maniera convenzionalmente conosciuta, ovvero con segregazione e deportazioni di massa, a partire dall’8 settembre 1943, quando l’alleanza tra Italia fascista e Germania nazista si rompe a causa dell’armistizio firmato da Badoglio con gli anglo-americani e dopo la costituzione, nel nord della penisola, della Repubblica di Salò guidata da Mussolini.
Iniziò allora, dal territorio della Repubblica di Salò, la deportazione degli italiani, favorita dalla collaborazione fra la Milizia fascista e le SS. Dei deportati italiani, almeno 8.600 furono gli ebrei e circa 30.000 i partigiani, gli antifascisti e i lavoratori (questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944), a cui si aggiungono circa 5.000 Internati Militari Italiani o carcerati militari o ufficiali antifascisti. Circa il 90% di loro perse la vita nei campi. Tutti gli altri, ebrei e politici, furono gassati, annientati dalle privazioni, dalle punizioni disumane, dal lavoro estenuante e massacrante.
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I volti della deportazione
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Triangoli rossi
Marco Minardi, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma, racconta le storie di alcuni personaggi, partigiani e non, vittime delle deportazioni subite da molti antifascisti Parmigiani durante il ventennio fascista.
Stelle Sradicate
Irene Rizzi, dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Parma, racconta le storie di alcune famiglie ebree vittime di deportazione o costrette alla fuga e di quelle persone che, invece, si sono prodigate per difendere dalle atroci conseguenze delle leggi razziali emanate in Italia nel 1938. Le storie di Giorgio Nullo Foà, della Famiglia Vigevani e dello Studio Ottolenghi.
I volti della deportazione a Parma: le storie di Giorgio, Doralice e la famiglia Fano
Il 26 maggio è giunto al termine il ciclo di incontri storici organizzato da In strada caduti in strada rinati e ISREC per riportare alla luce le storie dei deportati ebrei durante il regime nazifascista.
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Come ricordare le deportazioni
Durante le deportazioni, le persone coinvolte sono state spogliate della loro identità e dei loro diritti. Ricordare è oggi fondamentale. Lo stesso Primo Levi scrive: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
Restituire alle persone un nome e riportarle, anche solo idealmente, a casa è indispensabile per far si che la Memoria sia radicata. “Per non dimenticare” è un mantra ripetuto a più voci, ma affinché non si dimentichi è indispensabile continuare a guardare, a mostrare, a raccontare, con qualsiasi mezzo, ciò che è stato e che mai più dovrà essere. Parma è tra le oltre 1800 città europee ad aver aderito al progetto “Pietre d’Inciampo“. Ma cosa sono esattamente le pietre d’inciampo? Le pietre d’inciampo sono piccole targhe di ottone poste davanti alle abitazioni dei deportati nei campi di sterminio nazisti. Su ogni pietra è inciso il nome del deportato, l’anno di nascita, la data della deportazione e la data di morte. Nascono da un progetto dell’artista tedesco Gunter Demning come reazione ad ogni forma di negazionismo e di oblio. Un monumento diffuso per tenere viva la memoria di tutte le vittime dei campi di concentramento. La prima pietra è stata installata a Colonia, in Germania. Ad oggi ne sono state posate più di 80mila in 1.800 città di 26 paesi.
La città di Parma ha aderito al progetto Pietre d’Inciampo nel 2017. Ad oggi sul suolo cittadino sono state posate 36 pietre.